mercoledì 19 gennaio 2011

STRESS LAVORO CORRELATO. IL MODELLO DI COOPER e IL MODELLO DI KARASEK E THEORELL

Lo stress da lavoro può essere definito, in generale, come una “risposta fisica ed emozionale dannosa che viene attuata quando le esigenze del lavoro non corrispondono (o si ritiene non corrispondano) alle capacità, risorse o esigenze del lavoratore” (National Institute for Occupational Safety, 1999). Il termine “stress”, che deriva probabilmente dal latino “strictus”, ovvero stretto, compresso (Cox, 1978), significa originariamente “pressione” e venne introdotto in medicina per analogia della metallurgia, dove era utilizzato per indicare, appunto, la pressione che si applica ad un metallo per testarne la resistenza (Pancheri, 1983; Pellegrino, 2002). E si può parlare proprio di “pressione” per spiegare quella sensazione di continua tensione avvertita sul posto di lavoro, come si evince da una recente indagine Istat del 2007, dal titolo “Competenze, attività e condizione lavorative delle professioni in Italia”: pressione per dover continuamente rispettare delle scadenze (19,8% del totale), pressione per evitare di commettere gravi errori durante lo svolgimento delle proprie mansioni (5,9% del totale), pressione per riuscire a sopravvivere nella giungla della competizione (4,1% del totale). Anche se si può concordare con quanto affermato da Selye, ovvero che “La completa libertà dallo stress è la morte. Contrariamente a quanto si pensa di solito, non dobbiamo, ed in realtà, non possiamo evitare lo stress, ma possiamo incontrarlo in modo efficace e trarne vantaggio imparando di più sui suoi meccanismi, ed adattando la nostra filosofia dell’esistenza ad esso” (Selye, 1974; trad. it. 1976, p. 89), è altrettanto innegabile che lo stress comporti una condizione spesso di disagio e di sofferenza per il lavoratore.
Il modello di Cooper
Il modello di Cooper (Cooper e Marshall, 1976, 1978; Cooper e Sutherland, 1988) aiuta a capire quali sono le principali fonti di stress sul posto di lavoro, concepite proprio come “pressioni” dell’ambiente sul soggetto, suddividendole in cinque macro-categorie: le fonti intrinseche al job, il ruolo nell’organizzazione, lo sviluppo di carriera, le relazioni al lavoro e la struttura e il clima organizzativo. In particolare, con “fonti intrinseche al job” si intende l’insieme condizioni fisiche e ambientali che possono incidere negativamente sulla concentrazione e sull’efficienza dei lavoratori (come la rumorosità, le continue vibrazioni, le variazioni eccessive di temperatura, di ventilazione e di umidità, l’ illuminazione non adeguata, le carenze nell’igiene) e, soprattutto, i fattori relativi al compito, i cosiddetti “taskdemands”, come il carico lavorativo, che può essere sia sovradimensionato che sottodimensionato e deve essere inteso sia in termini quantitativi che qualitativi, la pressione temporale e la presenza di responsabilità elevate, soprattutto quelle concernenti la vita di altre persone.
Il modello della domanda-controllo di Karasek e Theorell
Un altro interessante modello, che cerca di indagare la relazione tra le “pressioni” dell’ambiente lavorativo e la risposta del lavoratore, soprattutto in termini di “strain”, ovvero di sforzo fisico e psicologico, è quello di Karasek e Theorell (1990).
In particolare, l’attenzione è posta su due variabili:
• la domanda, cioè il carico di lavoro, sia fisico che psicologico, imposto dal compito;
• il controllo, cioè la capacità percepita dall’individuo di svolgere il proprio compito e la discrezionalità nell’eseguirlo.
La combinazione di questi due fattori dà luogo, secondo Karasek e Theorell (1990), a quattro diverse esperienze psicosociali di lavoro:
• lavori ad alto strain: caratterizzati da un’alta domanda e da un basso grado di controllo (possono facilmente portare ad ansia, depressione ed esaurimento emotivo);
• lavori attivi: definiti da un’alta domanda e un alto grado di controllo e discrezionalità da parte della persona sulla propria attività, che ha così la possibilità di esprimere al meglio le proprie capacità. Questa tipologia di lavori aiuta il soggetto a raggiungere un alto livello di produttività e di apprendimento e aumenta nell’individuo il suo sentimento di competenza e di padronanza (mastery);
• lavori a bassa domanda e ad alto controllo: di norma, non danno alcun problema di tensione psicologica ai lavoratori e sono spesso svolti con soddisfazione;
• lavori passivi: caratterizzati da una bassa domanda ed impegno, ma da un’altrettanto limitata opportunità di utilizzare al meglio le proprie abilità. Non creano stress, ma possono annoiare e inibire le capacità di apprendimento.

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