lunedì 19 luglio 2010

IL PROBLEM SOLVING

Problem Solving significa letteralmente “risolvere problemi”. Il termine è stato utilizzato originariamente soprattutto in riferimento ai problemi logico-matematici, ma negli ultimi anni è stato sempre più utilizzato per riferirsi allo studio delle abilità e dei processi implicati nell’affrontare i problemi di ogni genere (da quelli pratici e organizzativi, a quelli comunicazionali e psicologici) in modo positivo ed efficace.
Il Problem solving come abilità generale di approccio ai problemi, viene insegnato ormai da molti anni con notevoli risultati in vari ambiti: nelle organizzazioni, nel business, nell'insegnamento, nel coaching, nel counseling e in psicoterapia. In ciascuno di questi campi, la sua utilizzazione si è affermata come strumento principe per incrementare le abilità di management, di insegnamento, nella relazione di aiuto e per migliorare la comunicazione tra le persone e la crescita personale.
A seconda dell'ambito di utilizzazione del Problem solving, sono stati individuati strumenti specifici che consentono di inquadrare i problemi in modo accurato. Tuttavia le abilità di base ed i processi fondamentali di Problem solving sono gli stessi, qualunque sia il campo di applicazione.
Negli ultimi dieci, quindici anni, è stato sperimentato con successo l'insegnamento dei fondamenti del Problem solving in condizioni di disagio psicologico e sociale con notevoli risultati. Per cui il Problem Solving è divenuto uno strumento essenziale nella psicoterapia, nel counseling, nell'insegnamento, nella psicoeducazione, nella riabilitazione psichiatrica e come inquadramento della relazione di aiuto.
L’arte di risolvere i problemi si compone di diverse abilità. Tutti ne siamo dotati in qualche misura, ma è ben difficile che le possediamo tutte in grado elevato. Un buon risolutore di problemi non è necessariamente, contemporaneamente, un genio creativo come Pablo Picasso, un forte ragionatore come Immanuel Kant, e non è necessariamente un impeccabile e rigoroso Sherlock Holmes, e, allo stesso tempo, una persona dotata di straordinario senso pratico e di fulminante capacità di improvvisazione come James Bond.
Un buon solutore di problemi è colui che possiede tutte queste abilità in modo saldo e stabile, armonico e bilanciato.

Problemi, ostacoli, obiettivi e soluzioni
I problemi esistono in quanto esistono degli obiettivi!
Ci accorgiamo di avere un problema quando incontriamo una difficoltà sul nostro cammino, quando ciò che stiamo facendo non consente di ottenere gli effetti desiderati. Quando ci rendiamo conto di avere un problema (sia perché ci accorgiamo di uno specifico ostacolo, sia perché viviamo uno stato di disagio), ci stiamo trovando, in realtà, di fronte alla necessità, se vogliamo raggiungere i nostri obiettivi, di cambiare qualcosa nel nostro modo di vedere, sentire e capire le cose e nel nostro comportamento.
Se non ci accorgiamo di questa necessità, si genera un opprimente paradosso: più rimaniamo ancorati all’ostacolo o al disagio, concentrandoci su di essi nel tentativo di trovare soluzioni, meno ci riusciamo. E ciò accade perché ripercorriamo mentalmente e con il comportamento sempre le stesse vie, che sono quelle che in realtà sostengono il problema. Per risolvere il problema dobbiamo, invece, cambiare qualcosa. Dobbiamo inventare dei percorsi alternativi, nuovi, efficaci, per raggiungere i nostri obiettivi.
Il Problem solving è dunque l’arte delle strategie per raggiungere gli obiettivi.
Un obiettivo è uno stato al quale aspiriamo consapevolmente, a partire dal nostro stato attuale.
Un problema è una condizione in cui ciò che stiamo facendo, o le azioni che compiamo abitualmente, o le conoscenze che abbiamo non sono sufficienti per raggiungere i nostri obiettivi; da ciò risulta uno stato di disagio e l’identificazione di ostacoli nel nostro cammino. Un problema è un implicito invito al cambiamento.
Un ostacolo è l’insieme degli impedimenti a procedere come di consueto o secondo le nostre conoscenze ed esperienze, in direzione di un obiettivo.
Una soluzione è l’insieme dei cambiamenti nello stato mentale e nei comportamenti che ci consentono di raggiungere il nostro obiettivo. Non sempre le soluzioni coincidono con la rimozione di ostacoli.
Un problema è pertanto il riconoscimento della necessità di inventare e sperimentare dei cambiamenti che ci consentano di raggiungere i nostri obiettivi. Avere un problema significa che la nostra mappa della realtà è insufficiente, e che se vogliamo raggiungere il nostro obiettivo dobbiamo impegnarci a modificarla, ampliarla o integrarla; quindi dobbiamo individuare, inventare e sperimentare stati mentali e comportamenti nuovi.
Le fasi del problem solving
Sebbene un processo di PS comprenda numerosi passaggi che possono essere variamente intrecciati ed integrati tra di loro, possiamo suddividerlo complessivamente in 4 fasi.
Prima fase: identifichiamo il problema/obiettivo.Seconda fase: generiamo delle possibili soluzioni.Terza fase: scegliamo, valutiamo e pianifichiamo la soluzione.Quarta fase: eseguiamo il piano e valutiamo i risultati.

Ogni fase ha un suo preciso scopo e si avvale di uno specifico atteggiamento mentale.

La prima fase serve per conoscere bene la natura del problema e degli obiettivi. Presuppone un atteggiamento osservativo o conoscitivo. Conoscere, però, ha qui un significato più ampio di quello normalmente attribuito a questa parola. Non si tratta di conoscenza logico-scientifica, ma di avere accesso agli aspetti più profondi della nostra vita, si tratta di ri-conoscere ed accettare i nostri autentici bisogni, i nostri desideri, le nostre esigenze e, perché no, le nostre paure. Di questo aspetto abbiamo parlato nelle pagine precedenti.

La seconda fase è decisamente la più creativa del PS in quanto ha come scopo quello di generare soluzioni possibili. Si richiede un atteggiamento che lasci campo libero al pensiero e permetta di abbandonarsi alle proprie visioni, intuizioni, sensazioni e persino emozioni. In questa fase è importante lasciare la mente libera di collegare tra di loro elementi apparentemente lontani, avere accesso alle nostre risorse e formulare anche quelle ipotesi che normalmente escluderemmo perché apparentemente poco realistiche o incompatibili con le nostre idee di fondo. La ricerca di soluzioni, infatti, richiede a volte l’abbandono di alcune convinzioni che ci hanno guidato in precedenza, oppure la loro integrazione o modifica.

La terza fase ha lo scopo di produrre dei veri e propri piani di azione dettagliati. Presuppone un atteggiamento realistico e critico. Quando le idee diventano progetti, è importante valutare il loro grado di realismo, cioè il loro impatto con la realtà.

La quarta fase è l’esecuzione del piano. Il suo scopo è di rendere effettivo il progetto e include la valutazione empirica della sua efficacia. È caratterizzata da un atteggiamento mentale operativo, pratico, esecutivo.

Le diverse fasi ed i diversi atteggiamenti mentali (conoscitivo, creativo, critico ed esecutivo) fanno parte della stessa squadra ed è bene che imparino a lavorare per lo stesso scopo, invece di giocare l’uno contro l’altro, come invece a volte accade.
In un gruppo di lavoro o in una famiglia, ad esempio, è possibile che persone con uno stile cognitivo maggiormente tendente all’esame critico della realtà vengano percepite come “bastoni tra le ruote” quando si tratta di fare qualcosa. Allo stesso modo, chi tende ad una esuberante produzione creativa, può essere considerato “avventato” e inconcludente dalle componenti realistiche del gruppo.Nessun problema può essere affrontato e superato solo con la chiarezza delle idee o solo con la creatività, né è possibile farlo solo con la critica, il realismo o un buon atteggiamento pratico. Tutte queste componenti sono indispensabili. Perciò a nulla vale biasimare chi, in un gruppo di persone, abbia una maggiore predisposizione ad un tipo di atteggiamento rispetto agli altri. Il suo ruolo deve essere valorizzato ed utilizzato per il buon funzionamento di tutto il gruppo. A volte, quando affrontiamo il PS da soli, questa lotta avviene tra le varie parti di noi stessi. In questo caso il nostro scopo sarà quello di attivare, stimolare e far crescere le parti più “pigre”, contribuendo così alla nostra crescita complessiva. In tal caso, il Problem Solving può essere considerato, a ragione, l’arte di armonizzare le nostre parti creative con quelle osservative, realistiche e pratiche e di orientarle agli obiettivi che vogliamo raggiungere.

Ecco una sintesi delle quattro fasi del Problem Solving.

Fase I (Osservativa)IDENTIFICARE IL PROBLEMA/OBIETTIVO1. Definire l’obiettivo.2. Analizzare gli ostacoli.

Fase II (Creativa)TROVARE LE SOLUZIONI1. Generare le idee (Brain Storming).2. Trasformare delle idee generiche in opzioni concrete.

Fase III (Critica-realistica)VALUTARE E PIANIFICARE1. Valutare efficacia, fattibilità e conseguenze.2. Scegliere la soluzione.3. Pianificare (chi, cosa, quando, come e con quali risorse).

Fase IV (Esecutiva)METTERE IN PRATICA1. Eseguire il piano.2. Valutare i risultati.

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